Lucia Di Santo Collana: «Il Filarete. Pubblicazioni della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Milano» 282 SOMMARIO: Premessa 1. Il contesto storico e il genere letterario – 1.1. Il successo del genere eroicomico – 1.2. Firenze nell’opera lippiana – 1.3. Un modello fiorentino: Piero de’ Bardi – 1.4. Il poema eroicomico in Toscana dopo il Lippi – 2. Una prospettiva linguistica – 2.1. Firenze e la questione della lingua – 2.2. Modelli per il Lippi – 2.3. La scelta del Malmantile 1. La retorica comica – 1.1. Il verso «pien di grasso e d’unto» della poesia burlesca – 1.2. Le critiche tassoniane alle «favole puerili» del Pulci – 1.3. La ragione del ventre: una metamorfosi etica e una scelta di genere – 2. I personaggi – 2.1. Una concezione comica differente dalla Secchia rapita – 2.2. I pitocchi fiorentini – 2.3. La gestualità teatrale – 2.4. Gli amici – 2.5. L’esercito di una prostituta: i mestieri – 2.6. Scene di gruppo 1. L’esile trama del Malmantile – 2. L’adozione delle tecniche canterine nella prima metà del Seicento – 3. L’influenza del Lippi sui poemi eroicomici successivi 1. Le traversie editoriali del poema – 2. Un esempio del commento: gli amici – 3. Il commento seicentesco di Paolo Minucci – 4. Il Settecento: le note del Salvini e il nuovo commento del Biscioni — Riferimenti bibliografici — Indice dei nomi.Il Malmantile racquistato (pubblicato postumo nel 1676) è un poema noto soprattutto per la sua lingua. Già i contemporanei rimasero affascinati dalla ricchezza di termini gergali o dedotti dal mondo delle arti e dei mestieri, e dal contrappunto di locuzioni idiomatiche, orientate verso una paradossale espressività, al tempo stesso antiquaria e sperimentale. I lessicografi della Crusca lo sfruttarono come occasione per arricchire il vocabolario, i poeti moderni come un repertorio dal quale attingere in direzione comico-burlesca. Tuttavia, dietro l’appariscente impalcatura linguistica, un’attenta lettura dei dodici canti del poema può consentire di ampliare il tradizionale panorama critico-interpretativo, svelando nuove ragioni e finalità poetiche. Lungi dall’essere fine a se stesso, il capriccio linguistico obbedisce a un gioco di genere che spesso è stato incompreso, come dimostra l’oscillante collocazione del Lippi ora nella categoria eroicomica ora in quella burlesca. L’ostentata infedeltà alla «nuova strada» tracciata dal Tassoni affonda le radici nel dramma storico di una città, Firenze, che cerca di frenare il proprio declino dietro la maschera di un rigido conservatorismo. Solidale con questo moto di chiusura, il Lippi attua una chiara scelta campanilistica, cantando un universo di allegre brigate, sorde alla perdita di prestigio della città e alle tensioni che in quegli anni stavano cambiando il volto dell’Europa. Lucia Di Santo (Milano, 1981) ha conseguito il titolo di Dottore di ricerca in Storia della lingua e della letteratura italiana presso l’Università degli Studi di Milano. Oltre che di poesia eroicomica del Seicento, si è occupata di prosa paradossale cinquecentesca.
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